Da La genitiva terra    
         
works Laude
a minimi universi,
insinuati respiri.
Son loro le cellule
le imprese — vedi,
balugina un sorriso,
donna mollemente
il cui fianco
sposta confini.
Sapete, dal suolo
non si cade.
Appartato, anche tu,
però tra quercia
e quercia, respirando,
e quel tuo gabbiano
solenne sopra il mare.
Qual è la misura, se
dell’ardore d’un tempo
stai imparando
la reticenza?
Il miele chiede ancora,
severo come ogni piacere.
Supponi vanitose
le peonie (la solita manía
d’imporre sentimenti).
Impara, non far domande,
innocenza invece, venerare,
ché non c’è piú tempo,
sei sul ciglio maggiore
e non comprendi:
non sono individuali,
le tue ceneri.
Senza merito
accanto,
reverente delicato
il mio stupore,
e non si dica ingenuo
contemplarla —
c’è oltre smania
un fervore,
un dissodare:
terrestre qui
donna con me,
risolutezza ultima
dei mondi.
Onde, matrimonio
del mio sonno,
le voglio sul cuscino
e intenderle perfettamente,
addossate alle spiagge
di Liguria — oh
abito di malinconia,
ricordo bene i crepuscoli,
taciturne nudità dell’aria,
scendiamo insieme
nella stanza nuziale,
nella notte.