Lucetta Frisa
Sonetti dolenti e balordi
Sento il tempo come un enorme dolore.   F. Pessoa                  
                 
Dentro la sabbia scolpire il fiato
dice Claude Esteban poeta dolente
dolore che in clessidra si fa sabbia
perché fummo lacrime e poi granelli
di un’unica spiaggia di un unico mare
accanto al sogno assoluto dei folli
e dei morti il silenzio inquisitore.
Che significa toccare gli estremi
di sé, il perimetro del tuo cervello?
Attendere il sole come lampada
che passa da muro a muro rischiara
la loro calce bianca nella notte
creando dei colori la luminaria.
E domani sarà larga tutta l’aria.
  Potessi mutarmi in Andrea Salos
di giorno fingermi folle per disprezzo
della vanità terrena davanti
alle false emozioni di avatar
senza profondità e di notte pregare
quel dio dentro di me che mi confida
il silenzio e la mia origine antica
i modi per essere felice e sola
con l’aria e il tempo e la vita inventata.
Penso alla follia come fuga bella
da quanto non è più nostro, spezzato
il legame col mondo che gira a vuoto
per conto suo e fuori ci ha sputato
come rifiuto marcio, zavorra.
  Per vivere ho bisogno del mistero
i sogni mi difendono dai barbari
che sempre hanno ragione con l’arma
della storia che àltera i colori
sfumati penso a Tanizaki e all’ombra
su tazze laccate e carta opalescente
per distinguere l’Oriente e preservarlo
dalla troppa luce occidentale.
Oscilla il pipistrello capovolto
lasciamolo dov’è alla sua saggezza
nient’altro voglio dire alle creature
al centro di sé sempre padrone
delle latitudini d’ombra e luce.
Noi i barbari arrivati da un pezzo.
  L’inconclusione appartiene allo spazio
come l’imperfezione e la scia dei suoni
e dei lunghi sguardi il senso non fermato
in un solo punto. È là che abitano
gli dei l’atmosfera il vapore dei versi
le belle parole di tutte le lingue
e forse la fine di ogni strazio.
Ribaldo il sole che illumina tutto
è la sua legge e non si sa quanto duri
ma segna il tempo delle creature
e dei pianeti. Sempre ci sarà un astro
balordo a confonderci le origini cercate
trovate e riperse. Il vuoto è necessario
come l’andare a capo e il suo mistero.
  Solo dal rovescio e dal dolore sento
il muoversi serpentino di cose
umane e inumane nate già prima e oltre
il dolore e rimaste in quella ferma età
senza giorno o notte, divinità
sparse dappertutto che il lutto onora
rivela e invidia nei loro paradisi.
Non solo il senso inverso non solo questa
facile teoria ma labirinto
tra spazio e profondità che è la materia
riflessa dentro il solco dell’orecchio
e ti avverte delle altre dimensioni
complesse chiude porte appigli apre inferni
e sei tu che giri a vuoto o il mondo?
 
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