Natàlia Castaldi | |||||||||||||||||||||||||||||||
Le parole che vennero dopo (racconti di_versi – parti della prima parte) a Vittorio e Rachel |
Edna [primo parallelo – intermezzo chap 3] |
– seconda parte – incipit) |
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[stride è necessario rientrare. (è questo il bisogno di raccontare?) le voci, quelle voci, ancora tra i capelli, numeri e polsi [ e la mia pelle è una stella, un asterisco per rimandare una cantilena a memoria, o solo una ninnananna che addormenti la storia.] Hannah: “ (rewind me) il boato ha lacerato le pupille immediato il sentire non ha lasciato tempo alla vista un frammento di coscienza permane |un istante |oltre poi niente _____________ brandelli sul selciato |
Guardavo il mio corpo lacerato le scommesse delle mosche la corsa alle lenzuola bianche Non si può guardare a lungo l’orrore – rimuovere ] rimuovere in fretta i resti Serve la calce |
Si accalcavano con scarponi grigi Le facce spente Qualcuno piangeva, un altro vomitava Quante grida la tragedia che viene dopo |
Hanno ricomposto il braccio destro il vestito bianco quello delle nozze di Yehosheva avevo una foto e sorridevo Zeev danzava ubriaco |
Avrei dovuto consegnare le scarpe al calzolaio In tutto questo frastuono non trovo più il mio pacco Edna avrà il saggio tra una settimana Come farà Zeev senza le scarpe per il vestito buono |
Quando ci riunivamo al sabato sera c’era sempre un gran guardare tra noi donne la moda occidentale s’imponeva a quel senso di ritrosia nel mostrare |del tutto |le mie forme A volte un incrocio di sguardi sulla scollatura svelava un sorriso di approvazione. Dopo cena si andava a danzare, portavo uno scialle con me, con pudore |
Quando la fisarmonica partiva era tutto un coro di voci che avvolgeva __________________Hevenu shalom aleichem i ricordi da bambina in fondo alla sala la fila di sedie poggiate alla parete. Mamma volteggiava, Dio sa com’era bella. Nel suo vestitofelice |aveva ricamato l’orlo |con l’azzurro |della vittoria “ho conquistato [cantava – la pace e una promessa Anche il mare, qui, tramonta d’arance” |
Gli occhi avevano l’azzurro delle terre alte di suo padre i capelli crespi delle traversie nomadi della madre c’erano tracce di popoli in ogni difetto che aveva imparto a evidenziare: caratteristica e pregio – diceva, marcando il profilo delle labbra sottile]. Il naso dicevano avesse la curvatura della bisnonna per metà italiana e in parte greca, l’incarnato, invece, tradiva la trasparenza delle vene nel suo accento tedesco |
barchuni l’shalom malachei ashalom malachei elyon |
[le foto di Ari e Rav Salanter in bella mostra | lì sulla credenza mi sgomentano come fossi in parte derubata della mia identità puramente umana e familiare] |
Yehosheva aveva la luna sul Collo sospesa tra la Notte e due Orbite di stelle, Sogni Proiezioni o Solo Desideri apparentemente Reali: una Pace che sapesse di Pane e Terra da calpestare, un Braciere acceso d’inverno Quando l’Albero si Spoglia e le rondini Non Aiutano a sperare Primavere e raccolti Propizi per le Labbra. |
Una ciocca di capelli e nastro color sangue era quanto di macabro restasse sottovetro alla parete dei cimeli di un tempo da non nominare |
Senza nome non si può pronunciare il corso dell’orrore La solitudine dei vuoti recintati Tra le Ossa di una Grancassa di presenze all_armanti come la dilagante assenza di coscienza. |
Supine le stelle osservano il corpo sospeso tra l’inutile e il rancore della corsa ad ostacoli del male mentre il bene si asciuga al sole di uno sguardo la pietà senza rimorso né memoria. |
[Non era solo una questione di geometria necessaria al corpo, ma una ragionata febbre di vita. L’unica strada per andare lontano. Liberarsi dalle ossa, dalla storia della casa, dagli affetti, dai fantasmi, forse. Edna lo sapeva, aveva sepolto il nostro dio quello stesso aprile senza le cerimonie dedicate alle mie spoglie. Un giorno stringendo le scarpette annodò le dita al mio pensiero. Strinse e strinse così forte che mi sembrò di soffocare. La sua voglia era sangue che pulsava con tutta la rabbia necessaria per sognare. Le passò in bocca un intenso sapore di sangue, l’interno delle labbra morsicchiato nervosamente. La sala d’attesa per l’audizione era un inferno di ansia, risa, chiacchierii isterici e lunghe prove sulle punte. Edna a piedi scalzi stringeva le scarpette, non ho mai capito se le stesse maledicendo, pregando o uccidendo tra le dita, un po’ tutt’e tre le cose, mi sono sempre detta, sì, un po’ tutte e tre le cose, forse. Ha atteso l’ultimo istante per indossarle rendendomi complice della sua rabbia. Partirà il mese prossimo, questa terra promessa non è più nostra. La terra non è nostra, la terra non ci appartiene. Siamo l’illusione di una parentesi di passaggio in un tempo che comprendiamo per possesso e definizione.] (...%continua) |
L’altra sera Fadwa mi diceva quanto fosse feroce la memoria (22072012 – a ritroso) Fadwa: “ Si dice che nel nome risieda il senso dell’esistenza, in effetti la parola la spiega, le dà senso, l’organizza, ne mette in relazione cause, conseguenze, eventi: Restituisce memoria alla storia Ho sempre ripensato a quei limoni La staccionata La scala a pioli Il padre arrampicato che chiamava i nostri nomi Mentre la veste di bambina | aperta | Raccoglieva il salto Il volo del frutto nel Grembo e una risata Era bello pronunziarne la parola darle dimensione e colore [: in arrivo Limoni, gialli e grossi Limoni] e osservare sul viso di Fa’ez la smorfia Gli occhi stretti La lingua serrata contro i denti | Percepire l’anticipazione del senso e dell’azione [una mano, il coltello, poi le labbra, Un sorriso Il capriccio L’attesa] legandone il gusto a un altro sapore alla liquidità della sete, all’asprezza del sale Credo che questo sia da leggersi come una magia, forse un dono, una capacità propria dell’uomo che si costruisce la vita come i versi di un poema come la pagina più bella del Corano con la libertà incondizionata di fantasia e pensiero Ecco perché non ho mai accettato questo nome che nel sacrificio ha preteso una condanna Senza margine di scarto per l’arbitrio della mia libera scelta [...% continua] |
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