Daniela Pericone | |||||||||||||
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da Il caso e la ragione (Book Editore, 2010) | da L’inciampo (L’Arcolaio, 2015) | ||||||||||||
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IN UNA DI QUELLE MATTINE | ![]() |
A MORSI | |||||||||||
In una di quelle mattine d’inverno e di folto dormire non contano i flauti del giorno gli accenti l’urgenza l’assillo, nel cavo del corpo raccolto si spoglia indistinto l’orgoglio non s’alza alle cime il vessillo, tra nuvole basse continua una veglia di sonno, di nebbia di assenti ragioni d’assenso |
Mentre mordevo la vita un dente si spezzava, mi chinavo a raccogliere il pezzo mancante e con dita maldestre rinsaldavo quello che era stato un incisivo, ma che ora somiglia a un insulso canino la cui natura animale mostra solo il ringhio e la vita se la ride del mio morso a mezz’aria. |
Tuttavia rimango qui, qui ritorno ripiegata come un foglio su cui non cresce il tuo nome ma flagra nell’aria in attesa che qualcuno lo afferri per le ali e lo inchiodi al muro come un piccolo insetto crocifisso dalle tue paure e nel cuore della lotta da tasche e tagli rotolano ancora altri chiodi e altri sbagli finché rimango qui in assurda difesa dietro questi occhiali che mi fissano dallo specchio ma non mi vedono. |
Quanta ostinazione a inseguire la parola che schiuda tutto il senso probabile impossibile di palpebra pensante l’inutile presunzione di fidare in un nome che possa scongiurare la ridda di tamburi della veglia clamante meglio il megafono muto la voce senza suono dell’io cosciente del vuoto silenzio che si fa tuono sfiato di fuoco polvere in volo. |
Sola leggerezza sarebbe d’essere senza radici non dover frugare negli armadi di chi ha girato le spalle di chi è sparito dentro i suoi stessi occhi scivolato nel duro nel secco che intacca stipiti e gambe con le sue pose di calma inesorabile scavando fossi attorno alle case sui visi tramando e le cose infrenabile come uno sbadiglio annoiato al solito finale come la risata di un folle che allo squarcio d’un imprendibile istante tutto ha intuìto e a un tempo dimenticato. |
Non cede il dominio del pensiero l’irruenza dei ricordi la vivezza di sensi irreali ma niente uccide niente ci salva né l’intento vale a mutare corso ai venti. Di lato alla notte crepita una luce a segnare in quale punto dell’inverno si vada - ho sogni brevi perturbanti e ne ho infettato i versi d’una lingua che sa di marmo e brace perché possa presto liberarmi e visioni di tale portento che non mi stupirei se d’improvviso si levassero a sperperare misure sparigliare equazioni - esistenze da dissidenti come ingoiate dal gorgo tuttavia sempre alla superficie del gorgo grazie all’impagabile restare assorti e distanti a seguire indicibili traiettorie. Conforto a questa riva che su tutto resiste. |
Con il lavorio della talpa scavare cunicoli entrare a muso basso nei nevai non sentire il gelo degli insulti dei volti deformati alle menzogne irrigiditi alla diffidenza da leve malvagie d’ambizione con la pazienza del lemure abitare le grotte imbottire di muschio le cortecce degli alberi rannicchiarsi alle radici e bere alle fonti trascurate. |
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DIALOGUE | ![]() |
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