Paola Nasti
da PRYPJAT
                                                         
qualcosa di sfioccato, di
sfuocato, senza fuoco
spezzato in un punto

senza sutura la creatura
estroflessa come visceri fuori
da una cicatrice
  corpo morto di sera la creatura
si distende nel fresco della mente
poggia la guancia vivida
sulla pesca del sonno
si abbandona, come se fosse niente
dilapidare piano il tessuto del giorno
  s’addorme
guarda ora da altre finestre
sui davanzali di onice
bottigline di vetro
fuori stanno gli alberi del sonno
intrisi di verde e di nero
e con le piume avvolte
intorno ai corpicini, feroci
di animali sommersi nella notte
  crede nello specchio un’altra immagine
confusa la pupilla
non distingue
vero da falso, colore da colore
s’innamora di sé
si immagina o si finge
l’assenza di ogni altra figura
  l’immagine del sonno la conforta
lungo l’arco del sole come fresca
appendice d’inverno
accede, oltre il limitar della ferita
a distesi orizzonti, marine preistoriche
arcadia di prima del tempo
di prima del giorno
  i reperti li trovi tra le piante
commisti d’erba, intreccio
di natura e mente
arte povera fuori dai musei
fuori dall’arteficio
spontanea come un dente di leone
senza misura
  hai la chiave d’accesso
per veri paradisi artificiali
quando vuoi o quando
sopportare ti diventa impossibile
puoi volgere lo sguardo in un altrove
tutto intessuto di parole–mondo
eccedere d’un balzo la dimensione degli annegati
diventare innocente per miracolo di sguardo
la colpa scivola via
vestito stracciato degli stenti
  suoneria delle rondini
ogni nota un ago
nella gelatina celeste
ripetizioni scalari, improvvisa
acuzie di canto
gratuita presenza
  destinazione estinzione
terrestri tra terrestri
in compagnia d’alghe
di minerali gessosi
liane ci tengono intrecciati
alla vegetazione, pellicce
peli e ossa, organi conficcati
nel plasma che diffonde l’estensione
  macina realtà come sassi
sputa fuori mondi come
se niente fosse da quel che resta
delle scorie atomiche, senza più umani
solo animali radioattivi e piante al cesio
tutto un proliferare, sconfinato
vittoria della preistoria
  la creatura ci osserva dai margini
del libro ben aperto
una pagina รจ un limitar di bosco
le assicelle d’inchiostro sono fronde
sonore, lei si aggira vigile
senza fare scrocchiare le parole
  immagina la fabbrica della foglia
intravede il lavorio di ogni cellula
che si allarga, si espande, si raddoppia
l’accrescimento silente della pagina
si estende e si sviluppa in altezza
micron su micron istante per istante
la gloria è fuoriuscita dal non
  la pagina la accarezza
accarezza il colore che si deposita
a partire dal nucleo centrale
se lo scuoti vola via
e tu non scuotere
  un altro giorno si annuncia
schiarisce gli orizzonti
proclama la nascita
la creatura si veste e si avventura
tra le falde si inerpica
le zampette non scivolano più
  il velluto non fa più paura
né la tela di sacco
la scorza dell’albero
è il miglior pavimento
con le unghie si aggrappa
senza bucare superfici
senza cadere
 
DIALOGUE